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Cresce l’interesse del ciliegio in Italia e in Europa, sia per i consumatori che per i produttori. Il mercato vuole sempre di più ciliegie buone, grosse e belle. Il produttore è sempre di più oculato nella razionalizzazione dei costi, nella gestione delle piante e dei raccolti.

Per assecondare questo trend il settore è stato capace di innovarsi ed adattarsi alle nuove esigenze del mercato, agronomiche ed economiche. Vi è dunque una trasformazione in atto per la cerasicoltura che va verso un’agricoltura sostenibile e specializzata, che rappresenta il futuro.
AgroNotizie ha chiesto ad alcuni protagonisti del settore di parlarci della loro esperienza, per meglio comprendere le offerte di questa cerasicoltura 2.0.

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Intercettando queste richieste Vivai Salvi ha proseguito sulla strada dello sviluppo degli impianti ad altissima densità.
“Si stanno affermando frutteti intensivi con piante basse – spiega Michele Giori, responsabile tecnico di Vivai Salvi – e semplici da gestire. Le piante messe a dimora sono 4-5 mila per ettaro.
In questo modo è possibile effettuare la potatura e la raccolta senza l’ausilio di scale e con un notevole risparmio sui costi. Inoltre si ha un’entrata in produzione più rapida rispetto alle piante tradizionali, già al secondo anno d’età. La piena produzione si ha al 4° anno, per una durata media di circa 10-12 anni.
La produzione rimane elevata ma non esagerata, 12-15 tonnellate per ettaro, ma la qualità è molto alta, così come il mercato richiede. I parametri su cui si è puntato sono sapore (18° Brix), pezzatura (> 28 mm di calibro per oltre il 90% del totale) e aspetto, elementi fondamentali per fare reddito. Pensando ad un costo di circa 30-40 mila euro all’ettaro è però possibile ipotizzare che dal 4°-5° anno si rientri dell’investimento fatto. Grazie alle dimensioni ridotte delle piante è possibile usare reti antinsetto (o multifunzionali) monofila, utili per contenere la Drosophila suzukii Matsumura e per combattere altre avversità”.

“Uno dei segreti dei nostri impianti è la presenza di piante compatte (alte al massimo 1,70 metri) e con internodi corti e numerosi – spiega Jacopo Diamanti, responsabile ricerca e sviluppo dei Vivai Salvi -. Dai nodi partiranno numerosi e ravvicinati rami laterali su cui si lavorerà con la potatura per generare tanti rami laterali e tante gemme di un anno, da cui si produce.
Inoltre un altro aspetto importante è la possibilità di usare portinnesti nanizzanti come il Gisela®5 e il Gisela®6, che riducono il vigore senza danneggiarne la produzione.
Molto importante è stato individuare varietà adatte a questo sistema: Regina, Ferrovia, Kordia, Sweet Aryana™ PA1UNIBO* Sweet Lorenz™ PA2UNIBO*, Sweet Gabriel™ PA3UNIBO*, Sweet Valina™ PA4UNIBO*, Sweet Saretta™ PA5UNIBO*. Da segnalare come grazie a questi impianti la quantità di ciliegie raccolte da un operaio medio siano passate da 14 kg per ora a 20 kg per ora, con però un livello qualitativo del prodotto sicuramente maggiore”.

“Fino a qualche anno fa i ceraseti di Vignola erano molto diversi –commenta Walter Monari, direttore Consorzio della ciliegia, della susina e della frutta tipica di Vignola –. Oggi sono profondamente cambiati adattandosi alle nuove esigenze.
I produttori possono ora raccogliere in quantità e qualità, anche in annate dove l’aspetto climatico non aiuta. Avere la possibilità di raccogliere per tutto il periodo utile da continuità al consumatore: lui vuole ciliegie e se non le trova da te va da altri. Nel nostro caso abbiamo deciso di proporre ai nostri soci impianti coperti, con piante alte al massimo 4 metri e allevate a spalliera. Vengono raccolte in parte a terra e in parte con carri raccolta. In questo modo il prodotto presenta un’ottima qualità, un’elevata serbevolezza, alta resistenza al cracking ed è più facilmente lavorabile in post-raccolta. Produrre un impianto come questo costa circa 40-50 mila euro all’ettaro. Ci auguriamo di avere ancora aiuti nei prossimi anni per convertire i vecchi impianti con quelli di nuova tecnologia. Bisogna dire che in 4-5 anni si riesce a rientrare della spesa in quanto la garanzia di raccogliere, l’elevata qualità del prodotto, gli interessanti prezzi ottenuti ed i minori costi di produzione e gestione permettono di raggiungere questo obiettivo”.

“La Drosophila suzukii Matsumura è sicuramente un insetto molto dannoso per la ciliegia – spiega Stefano Caruso, tecnico dell’Osservatorio fitopatologico della Provincia di Modena -. Comparso in Italia nel 2009, si è poi diffuso. Dopo i gravi danni del 2014, nel 2015 la situazione si è attenuata, causa anche le condizioni climatiche dell’ultimo inverno che ne hanno limitato lo sviluppo. Per poterlo contrastare sono in atto diverse attività di sperimentazione e ricerca. Basti pensare che allo stato attuale la sola lotta chimica non è sufficiente. Allora si sta provando un sistema d’allevamento sostenibile che contemporaneamente possa contenere lo sviluppo di questo moscerino.
Una di queste è l’uso d’impianti particolari d’allevamento con coperture monofile antisetto o con coperture più tradizionali e multifunzionali. Da verificare le condizioni microclimatiche all’interno di questo impianto o l’eventuale insorgere di problemi secondari. Da prime indagini possiamo dire che sia sul fronte microclima che sull’insorgenza di problemi secondari non sembrano esserci problemi. Anche gli impianti monofila, come le coperture più tradizionali, costano tra i 40 e i 50 mila euro all’ettaro”.